Le interviste del CIM: l’On.PAOLO GANDOLFI
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10 Giu 2014
Abbiamo avuto la possibilità di intervistare l’On. Paolo Gandolfi Deputato in Parlamento, di cui diamo alcune notizie biografiche.
Nato nel 1966 a Reggio Emilia, si laurea in Architettura presso l'Istituto Universitario di Architettura di Venezia. Sposato, ha due figli. Dal 2000 ha iniziato a lavorare nella pubblica amministrazione sui temi della pianificazione e dell'ambiente. Dal 2007 è Assessore alla Mobilità, alle Infrastrutture ed ai Lavori pubblici del comune di Reggio Emilia nella I e II giunta Delrio.
Alle elezioni politiche del 2013 viene eletto deputato della XVII Legislatura della Repubblica Italiana nella circoscrizione XI Emilia Romagna ed oggi fa parte della IX Commissione della Camera dei Deputati (Trasporti, Poste e telecomunicazioni).
D.: I motociclisti italiani si trovano in una situazione differente da quelli degli altri Paesi Europei: mentre a Parigi la circolazione per interfile, che consente legalmente ai “motards” di percorrere gli spazi tra le colonne di auto, sta completando la sperimentazione, mentre nella maggioranza dei Paesi díOltralpe i pedaggi autostradali sono consoni alle due ruote ovvero le moto pagano la metà, in Italia i diritti degli utenti delle due ruote ed un motore non vengono mai ricordati.
Per quale motivo la “politica” in generale non comprende che un maggiore utilizzo delle due ruote ed un motore potrebbe semplificare la circolazione urbana, ad esempio?
R: Non sono in grado di dare una risposta sul perché le condizioni di circolazione in Italia siano svantaggiose per i motociclisti, vedo che la cultura tecnica dell’ingegneria dei trasporti e della progettazione stradale è specificamente concentrata sulle esigenze delle automobili, questo alla lunga può aver pesato, sia sulle leggi nazionali, sia su come sono fatte le strade.
La riforma del Codice che stiamo elaborando contiene però alcuni punti che tendono a recuperare l’attenzione verso i motociclisti.
Il testo attuale della riforma si struttura su indirizzi e non modifiche puntuali del codice, tra questi ve ne sono due che intendono rendere migliore la vita dei motociclisti.
Vari punti richiamano esplicitamente la necessità di migliorare la sicurezza di tutti gli utenti a due ruote, un altro punto afferma la necessità di garantire in ambito urbano l’ordine di priorità alle esigenze di sicurezza, sostenibilità e solo in terza istanza l’efficienza trasportistica.
In altre parole la precedenza va data agli utenti più vulnerabili, tra cui i motociclisti, e ai mezzi più sostenibili ed evidentemente in città la sostenibilità è fatta anche di minor consumo di suolo, quindi a favorire mezzi meno ingombranti, quali appunto le moto.
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D: Si parla tanto del problema dei guard rail, ma quando venne presentata al CEN la TS 1317-8, non venne approvata come norma, e rimase solo una specifica tecnica.
In questa specifica ci sono tutti i dettagli sulle prove da effettuare sui guard rail per ottenere dei guard rail che minimizzino i danni ad un motociclista che dovesse impattarci dopo un incidente.
Il fatto che sia una specifica e non una norma non ha impedito alla Spagna di adottarla per dare le specifiche sui nuovi guard rail. Perché in Italia non si può fare la stessa cosa? Dobbiamo per forza attendere che le lobby europee ci concedano di mettere in sicurezza le nostre strade? (Ricordiamo che uno dei voti contrari era della Germania, l'Italia era favorevole n.d.R.).
R: Come dicevo, stiamo parlando di una delega, quindi indirizzi e non singole modifiche, ma questo tema dei guard rail è specificamente trattato. Nel testo si chiede al Governo di predisporre nella norma soluzioni che riducano il rischio che i motociclisti corrono a causa degli ostacoli fissi collocati al bordo della strada, come l’eccesso di cartelli o appunto i guard rail per come vengono realizzati oggi. Se il testo arriverà alla fine questo problema sarà risolto anche in Italia.
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D: Grazie al Parlamento Europeo ora abbiamo diversi tipi di patente per motoveicoli, che cambiano a seconda della età del conducente e della potenza del veicolo. Però ci si continua a dimenticare che sono in commercio veicoli con un rapporto potenza/peso che li rende simili a veicoli da competizione. Questo vale per auto e moto. Non crede possa essere importante avere una patente con una preparazione speciale, che abiliti alla guida di questi veicoli? Una moto con 0,5 cv/kg o una auto con 0,1 cv/kg non sono veicoli che si possono guidare senza una specifica esperienza, perché ci dobbiamo fidare della esperienza da autodidatti dei conducenti e ci si accontenta del fatto che abbiano solo la patente da un certo numero di anni? La nostra associazione è in contatto con i motociclisti "reali", e molti ragazzi dicono che quando si è giovani non si pensa alle conseguenze quando si "apre il gas". Pensare di mettere un limite di età di 25 anni per la guida di questi veicoli a prestazioni elevate lo ritenete possibile?
R: Non abbiamo per ora affrontato questo tema se non in generale per le condizioni di guida dei neopatentati, ma credo che la vostra osservazione sia molto opportuna e dovremo riprenderla quando entreremo nel vivo delle modifiche al Codice.
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D: La revisione del Codice della Strada in base a quanto promesso dal Ministro Lupi dovrebbe introdurre norme importanti come la figura dell’utente debole della strada (tra cui la nostra figura di motociclisti), ed il reato di omicidio stradale, a che punto siamo con i lavori che dovrebbero portare a buon fine questo progetto?
R: L’indirizzo sulla definizione di utente “vulnerabile” è contenuto nel testo del Parlamento ed è una novità importante, in quanto permette poi di gestire altre norme e regole, anche diverse dal Codice, in ragione dell’esigenze di questi utenti.
Effettivamente moto e motorini li abbiamo inclusi tra gli utenti vulnerabili, che chiamiamo così e non deboli in quanto si vuole mettere in evidenza l’oggettiva condizione di rischio e far si che la legge la rimuova.
Il concetto di debolezza rimanda ad una sorta di condizione soggettiva che rende la collettività meno responsabile.
L’omicidio stradale è un tema condiviso nel dibattito della Commissione Trasporti della Camera dei Deputati, ma non posiamo essere noi ad introdurlo con il Codice della Strada, in quanto è materia della Commissione Giustizia e del Codice Penale.
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D: Dopo un incidente in cui ci sono vittime, spesso al conducente viene ritirata la patente. Se si dimostra che non era in grado di guidare, per ebbrezza alcoolica o uso di stupefacenti, questo ritiro dovrebbe essere a tempo indeterminato. Ma se dopo un evento del genere, il conducente viene comunque trovato alla guida di una autovettura, perché non farlo diventare un reato penale, con conseguente pena detentiva? Dopotutto ha dimostrato di avere usato il veicolo come se fosse un'arma (dato che ha causato la morte di qualcuno) quindi dovrebbe essere assimilabile ad essere trovato in possesso di un'arma senza averne il permesso!
R: Come dicevo prima la materia esula dal Codice della Strada, quello che noi chiediamo di introdurre è il ritiro permanente della patente per questo tipo di comportamenti, ma l’indirizzo generale è quello di aumentare la responsabilizzazione soggettiva degli utenti verso gli altri in relazione al grado di pericolo intrinseco del mezzo che stanno usando. In parole diverse il termine “arma” aiuta a capire il senso della responsabilità di chi guida, d’altronde è quello che mi diceva sempre mio padre quando mi insegnava a guidare, attento perché hai in mano un arma.
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D: In Francia la nostra corrispondente associazione che tutela i motociclisti ha avuto ottimi risultati tramite una formazione continua degli utenti, in particolare modo è riuscita a far comprendere agli utenti della strada che non usano i motoveicoli quali siano le problematiche e le peculiarità del nostro mezzo: come potremmo realizzare anche in Italia una simile formazione che sicuramente porterebbe risultati positivi?
R: Penso che la strada sia quella di avere un percorso di scuola guida per moto, che abbini alla conoscenza delle regole l’acquisizione delle abilità necessarie. Già ci sono esperienze interessanti in materia, ma tutto il settore patenti va riformato, anche se solo in parte questa azione può derivare dal Codice della Strada. Intanto noi apriamo la strada.
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D: Uno degli slogan del Coordinamento Italiano Motociclisti recita testualmente “non indurci in infrazione” riferendosi così a limiti di velocità assurdi (il classico 30 km/h di limite su rettilineo con linea orizzontale che impedisce il sorpasso, ad esempio), nonché ad una segnaletica farraginosa ed impossibile a seguirsi: il tutto posto su strade con buche al limite del sostenibile. Cosa è possibile fare per cambiare questo stato di cose da parte del “palazzo”, ovvero nella stanza dei bottoni?
R: Questa è una materia complicata, in quanto la velocità è direttamente o indirettamente la causa dei danni che derivano dagli incidenti, anche quando la velocità non ne era la causa, al tempo stesso vediamo spesso limiti di velocità assurdi.
Nel testo cerchiamo di tenere insieme due esigenze apparentemente contrapposte.
Da un lato si vuole che nelle strade residenziali e commerciali delle aree urbane la velocità massima sia effettivamente ridotta ai 30 km/h per ridurre i morti e feriti tra pedoni, ciclisti e motociclisti, dall’altro si chiede di usare i limiti di velocità con ragionevolezza evitando l’effetto indifferenza che un limite irragionevole produce su chi guida.
Niente di peggio del fatto che chi guida ignori la segnaletica stradale a perché non è credibile.
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D: Infine una domanda per noi importante, anzi due in una: Lei utilizza un motoveicolo? Ovvero è un motociclista o comunque lo è stato? Una delle iniziative che si svolgono ogni anno al Parlamento Europeo è una giornata in cui l’associazione europea dei motociclisti (FEMA), (a cui il CIM è iscritta), organizza un tour motociclistico con esponenti del parlamento Europeo, con prove dei motoveicoli, insomma una giornata in cui i deputati possono vivere “da motociclista”, magari proprio chi non ha mai avuto questa ebbrezza. Potremmo cercare di farlo anche in Italia?
R: Ho un auto, otto biciclette e una Vespa 125 del 1982 azzurra, con cui io e mia moglie siamo andati a nozze. Praticamente un veicolo d’epoca verso cui prevale l’aspetto sentimentale rispetto a quello funzionale. Infatti, compatibilmente col fatto che devo miscelare, la uso in estate per piacere e possibilmente non in città, dove invece mi muovo in bici. Capisco l’esigenza di mostrare il punto di vista dei motociclisti, infatti anche a Roma mi muovo in bicicletta e capisco bene come muoversi nel traffico sia una lotta.
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Ringraziamo l’On.Paolo Gandolfi per la disponibilità dimostrata nei confronti della categoria che rappresentiamo: la politica in generale ha poca conoscenza dei problemi dei motociclisti e ci auguriamo che questa lacuna venga colmata con una nuova classe dirigente che veda nella mobilità su due ruote ed un motore non un nemico da combattere ma una soluzione, così come avviene in altre zone d’Europa.
Ringraziamo inoltre il nostro Socio Nazzario Rossi per aver materialmente incontrato il deputato, e Francesco ed Ilaria Carlomagno del MC Scoordinati di Anguillara Sabazia (RM) per le foto relative all'incontro stesso.
Coordinamento Italiano Motociclisti
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