In Spagna l'industria della moto vede la fine del tunnel?
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18 Dic 2013
L'industria della motocicletta sta seguendo un chiaro recupero nell'ambito dell'economia spagnola. Tuttavia, il profilo dell'acquirente del motociclo è cambiato radicalmente in soli cinque anni. Sarà così per sempre? La crescita delle immatricolazioni di due ruote ed un motore in Spagna negli ultimi tre mesi indica chiaramente che la crisi del mercato della motocicletta ha toccato il punto più basso e sta risalendo.
Questo è un bene, perché si prevede che, entro il 2014, avremo un aumento stabile del 3% nelle vendite di motocicli e ciclomotori.
Questo aumento potrebbe essere superiore, se non avremo più i dati sulla vendita dei ciclomotori che rovinano la media visto che il declino verso l'estinzione di questa tipologia di mezzo, sarà inarrestabile con una prevista contrazione delle vendite del 5%.
Infatti, il ciclomotore è passato dalle vendite di 175,469 unità del 2003 verso il dato di 18.590 pezzi venduti nel 2012, vale a dire una riduzione di quasi il 90%, a cui deve essere aggiunta un'ulteriore contrazione di un altro 19% nel 2013.
Invece le vendite di motocicli sono passate dalle 77.496 unità alle 97,963 nello stesso periodo 2000-2012, vale a dire un aumento di oltre il 26 per cento, nonostante la crisi.
Secondo ANESDOR (n.d.T.: l'ANCMA spagnola) nella nota rilasciata il 3 dicembre, l'implementazione nel settore moto di un piano mirato di incentivi all'acquisto potrebbe aiutare questo recupero necessario delle vendite, anche se alcuni dei suoi membri, come Carlos Wang nelle sue istruzioni per l'espansione, riconoscono che la mancanza di fabbriche di motocicli in Spagna ha provocato un minor peso del settore nell'economia spagnola e ciò spiegherebbe il perché il governo non valuti adeguatamente un piano di incentivi per il mercato delle due ruote.
Questo dimostra ancora una volta la disastrosa politica della "terra bruciata che hanno fatto alcuni costruttori di motocicli nel nostro paese", contribuendo al deserto della potenza industriale del motociclo in Spagna nel giro di pochi anni.
D'altra parte, i dati mostrano che la crisi, aiutata dalle misure adottate dai governi precedenti, ha cambiato radicalmente il profilo genetico del biker iberico.
Si è passati dall'essere un paese che acquistava la motocicletta principalmente per il tempo libero, per il solo svago, alla situazione attuale in cui i motociclisti per la loro maggioranza acquistano la moto come mezzo di trasporto veloce ed economico, cioè come strumento di mobilità.
Mentre la tradizione storica degli ultimi 30 anni di vendite in Spagna è stata contrassegnata dalle medie e grandi cilindrate, oggi il 63% delle vendite sono costituite dagli scooter 125 cc, e le moto con cilindrate superiori di 500 cc rappresentano solo il 18,82% del totale.
E' comunque cambiato anche il segmento delle moto più vendute, perché per la prima volta nella storia spagnola si profila una maggiore presenza di 'megascooters' piuttosto che di moto stradali, che portano quindi il segmento scooter a quasi il 69% delle vendite totali.
Certamente misure come l'autorizzazione del permesso di tipo "B" che ha consentito tre anni fa la guida di motocicli fino a 125 cc, la distruzione ingiustificata della base di utenti mediante l'elevazione dell'età per accedere al ciclomotore all'età dei 15 anni, i maggiori costi e le difficoltà per ottenere un permesso di guida aggiunte alla crisi economica, hanno formato il cocktail perfetto per cambiare le preferenze nell'acquisto ora diretto verso il motorino del tipo media-bassa cilindrata .
Questo cambiamento del profilo di chi utilizza le due ruote ed un motore non è però visto sotto un profilo di una lettura negativa.
È vero che si sta perdendo la base tradizionale di motociclisti che si suppone siano gli adolescenti che iniziano ad imparare a guidare con il ciclomotore, ma è altrettanto vero che ci sono migliaia le persone adulte che prima non avevano mai pensato di entrare nel mondo della moto ed ora lo fanno attraverso la porta delle 125.
Un altro problema è l'impatto che questo cambio di profilo di utenti può avere sugli incidenti.
In effetti questo "nuovo biker" non deve imparare ad andare in moto con 14 o 15 anni bensì con 40 o 50, ma questo è un tema che di per sé richiede un articolo separato e da trattarsi in modo specifico.
Solo il tempo ci dirà se questo cambiamento sarà una mutazione permanente o è solo un adattamento dell'ambiente temporaneo, ma è chiaro che questo grande "sbarco" di utenti tradizionalmente "non motociclisti" nel mondo delle moto, può essere un approccio interessante della cittadinanza in generale al nostro mondo e di conseguenza un seme interessante per l'empatia reciproca che potrebbe nascere da utenti provenienti da origini diverse.
Traduzione a cura dell'Ufficio Comunicazione da un articolo dell'Associasion Mutua Motera
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Nota del Coordinamento Italiano Motociclisti : le differenze di tipologia del mondo delle due ruote ed un motore nei dversi Paesi Europei è notevole ed è indice delle peculiarità forti delle stesse nazioni; difficile quindi armonizzare decisioni comunitarie come quella della revisione obbligatoria, che secondo qualcuno dovrebbe essere la stessa dalla Svezia alla Grecia.
E' illogico che un motociclista svedese debba sottoporre il proprio mezzo ad una revisione annuale quando userà lo stesso pochi mesi rispetto a chi utilizza la moto per molti mesi all'anno con più chilometri magari proprio in Spagna.
Questo ragionamento è applicabile su tanti altri aspetti del nostro mondo che è molto particolare ed è proprio per questo che solamente una forte rappresentanza della categoria degli utilizzatori può far emergere.
Le tante storture ed ingiustizie del nostro Paese nei confronti dei motociclisti derivano da una mancanza di questa rappresentanza nelle sedi indispensabili.
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