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Aggiornamento:Mar, 23 Nov 2021 4pm

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Cronache del tempo che fu..

ScuterEco

Non ci può essere futuro senza passato ed un popolo senza memoria è un popolo di schiavi: sono citazioni celebri, frasi che se ben analizzate fanno riflettere.

Le vicende che identifichiamo oggi come  “problemi dei motociclisti” in realtà sono l’ultimo anello di una catena che si perde nella notte dei tempi.

Molti giornali effettuano da tempo un’operazione lodevole, ovvero riportano le prime pagine dello stesso giornale ma di molto anni prima: se si leggono le notizie passate, sovente è facile esclamare “proprio come oggi!”.

In particolare gli incidenti tra auto e moto ricordano la cronaca di oggi in quanto quasi sempre il motociclista ha sempre la peggio e la causa è sempre data da una mancanza di visibilità.

Quella che riportiamo  è di lunedì 20 settembre 1954 e riporta: "Mentre gli incoscienti continuano a viaggiare a 180 all'ora - Il suo scuter fa troppo rumore: son mille lire esatte di multa- Anche il più candido dei cittadini motorizzati rischia di passare per eprobo a causa di una legge.....che non c'è!"

Interessante poi l’uso della lingua che risente ancora nell’immediato dopoguerra dei veti legati al fascismo, così la parola “scooter” viene italianizzata in “scuter”, termine che oggi, invece viene usato per spregio del mezzo, indicando lo “scuterista” una figura non sempre gradita.

Incredibile poi come la problematica del mezzo a due ruote sanzionato in quanto troppo rumoroso sia una costante: in questo caso è un vuoto normativo sui “decibel” la pietra dello scandalo.

Considerando che stiamo parlando del 1954, la sanzione pecuniaria di mille lire non è cosa da poco: come a dire, rompere le scatole con marmitte rumorose poteva dare luogo ad un intervento pesante da parte delle Forze dell’Ordine.

Incredibile poi il “cappello” dell’articolo dove la velocità di 180 all’ora (che tutt’ora è pericolosa) determina la definizione di “incoscienti”.

Ovvero “senza coscienza”, ma la definizione corretta è “che non ha cognizione di sé e del significato dei propri atti”, parole che si possono benissimo applicare ad una buona percentuale di “motociclanti” (chiamarli motociclisti potrebbe essere un’offesa per chi lo è avendo quest’ultimi una ben precisa coscienza).

Ma una categoria è “matura”, può rappresentare una “civiltà” solamente quando è in grado da sola di autoregolamentarsi, ovvero isolare chi butta discredito sulla stessa e non possono essere solo le forze dell’ordine, oggi come sessantanni fa a fare “giustizia”.

Il C.I.M. è una occasione per aggregare le persone che vanno in moto con buon senso, proprio per aggregare una categoria (i Motociclisti) che non hanno alcuna rappresentanza, insomma una buona occasione per imparare dal passato per affrontare meglio un futuro da progettare.

Insieme... chi vuole stare con noi per questa sfida?

Coordinamento Italiano Motociclisti
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