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Aggiornamento:Mar, 23 Nov 2021 4pm

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Guard rail: se ci fosse una voce sola..

GuardRailAssassini

La barriera migliore è quella che non c’è ma sulle strade italiane così non è ed i guard rails ci sono, servono ma possono essere pericolosi. Per i motociclisti l’impatto contro un guard rail può essere mortale.

 “In linea generale, quello che fa molto male ai motociclisti è l’ostacolo puntuale, come possono essere i paletti di una barriera in acciaio o un palo per la segnaletica o un semaforo. Oppure, ad esempio, il piccolo gradino presente alla base del New Jersey, se preso di punta” spiega Stefano Calamani, ingegnere, segretario generale di Aisico, Associazione italiana per la sicurezza stradale che effettua test su queste strutture. 

La situazione ideale, sia per le automobili che per le moto, è quella con ampi spazi di fuga, come ad esempio sulle strade americane. 

“Nella realtà un guard rail è un compromesso tra la necessità di tenere entro la carreggiata anche veicoli pesanti e quella di non procurare molti danni agli occupanti di veicoli leggeri, ovvero le auto”. 

Un compromesso, che di fatto non tiene conto dei centauri anche se progetti per dispositivi adattati alle due ruote, che proteggono dall’impatto con i montanti o le lamiere di un guard rail, ce ne sono, ma come sempre tutto è bloccato per questione di soldi, in realtà.

Se ad una barriera aggiungi una protezione per chi guida su due ruote, devi rifare l’omologazione e questa operazione costa molto. 

In Italia di moto ce ne sono moltissime così come in Spagna, dove dal 2007 sono stati fatti passi importanti. “In Italia, racconta Calamani, ci sono solo pochissime installazioni pilota.I bandi di gara delle pubbliche amministrazioni non prevedono guard rail in grado di funzionare anche per impatti con i motociclisti. L’Anas si sta muovendo ma le difficoltà della burocrazia stanno fortemente rallentando le previste tempistiche”.   

Oggi un solo metro di guard rail prima di essere messo su strada deve essere verificato (con crash test) ed omologato. La certificazione europea è stata introdotta nel 2011. In precedenza, a delineare il quadro legislativo i decreti del ministero dei Trasporti, in particolare la legge quadro 223 del 1992. 

La norma europea, purtroppo, non è retroattiva e quindi non impone alle amministrazioni la messa in sicurezza di quello che già c’è, fermo restando l’obbligo per il gestore di garantire la massima condizione di sicurezza. 

“Sono però possibili installazioni non a norma per piccoli ripristini di barriere già esistenti e a loro volta non a norma”, spiega Stefano Calamani di Aisico. 

Da ricordare in questo senso una sentenza della Corte di Cassazione del 2011 che stabilisce come, in caso di incidente, l’ente proprietario è responsabile di situazioni di pericolo che si possono considerare interne “alla struttura o alle pertinenze della strada”, e ricordiamo che per avere l’ok dall’Europa i test sono obbligatori. 

Su questo tema sono molte le associazioni anche di motociclisti che denunciano il problema, ma l'azione delle stesse rimane priva di forza in quanto tante voci deboli non giungono alle istituzioni: abbiamo constatato nella nostra esperienza presso le maggiori fiere del settore come la gran parte di motociclisti siano sensibili sul problema, anche se sovente poco informati sul reale stato delle cose.

Il Coordinamento nasce proprio per cercare di creare il massimo delle sinergie tra le tante voci del settore al fine di "coordinare" per l'appunto un'azione congiunta: come dimostra la Francia, è solamente con UNA voce forte che si arriva a vincere battaglie determinanti, e questo anche per evitare disinformazioni spesso nocive.

Ribadiamo quindi con forza la nostra disponibilità ad agire con altre associazioni in un'azione comune per cambiare questa situazione e chiediamo quindi l'aiuto di tutti su questo fronte che è un fatto di vita o di morte!

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo." target="_blank">Coordinamento Italiano Motociclisti
Ufficio Comunicazione

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