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Chiusura della campagna iscrizioni

keep calm and mo so cazzi vostri 1

Ieri (05/02/2015) si è conclusa la campagna di tesseramento per il 2015 del Coordinamento Italiano Motociclisti, con un risultato a dire poco deludente.

Abbiamo chiesto ai motociclisti italiani di supportare l'unica associazione che cerca, da oltre ventitre anni, di tutelare i loro diritti a 360 gradi, con l'obiettivo di avere almeno 1.000 iscritti per permetterci di proseguire in modo concreto.

Hanno risposto in 97. Credo che la cosa si commenti da sola.

Qualcuno ci ha detto che avremmo dovuto pubblicizzare la nostra iniziativa anche sulla stampa, ma tranne per un paio di testate (Mototurismo e Bikers Life), la disponibilità di riviste e giornalisti di settore a dare visibilità a questo tipo di iniziative è a dire poco misera.

Ricordo ancora la risposta di un direttore, che mi ha detto che oltre ad un articolo non poteva fare altro, altrimenti si sarebbe "schierato".

Un altro direttore mi ha detto che se lo avesse fatto per noi, poi avrebbe dovuto farlo anche per "gli altri".

Un noto giornalista mi ha detto di inviare il materiale, che poi ci saremmo sentiti. Non ha più risposto ne al telefono e tantomeno alle mail.

Eppure tutte queste persone hanno più volte scritto articoli dove si lamentava la mancanza di unione da parte dei motociclisti, si segnalava la mancanza di una associazione che fosse in grado di rappresentare degnamente la voce dei motociclisti.

A volte si lamenta l'assenza della FMI riguardo alcune azioni, ma è una lamentela inutile: l'obiettivo primario delle federazioni nazionali (quindi non solo della nostra) è il motociclismo. Per questo motivo nelle altre nazioni sono nate associazioni di motociclisti il cui obiettivo primario sono i motociclisti.

Per creare questo tipo di associazione serve molta visibilità, ma come tanti altri Italiani, al provare a fare qualcosa per fare cambiare la situazione, preferiscono lamentarsi di quello che non c'è, aspettando che qualcuno risolva il problema.

Avere visibilità sulla stampa è difficile, dato che spesso ci sentiamo dire "se lo facciamo per voi poi dobbiamo farlo anche per gli altri". A questo punto si capisce che chi sta rispondendo non ha proprio idea di cosa sta parlando.

Il CIM è infatti una associazione unica nel suo genere. Non siamo nati per desiderio di protagonismo, oppure in seguito ad un incidente che ha coinvolto un nostro amico. Non siamo nati per via di una multa o per chiedere maggiore sicurezza sulla strada pretendendo poi di potere guidare come se il Codice della Strada non riguardi i motoveicoli.

Siamo nati nel 1991 per creare anche in Italia una associazione di motociclisti analoga a quelle che già esistevano in altri Paesi Europei, con l'intento di intervenire dove i motociclisti subiscono delle situazioni non idonee alle particolarità del loro veicolo.

Da sempre in contatto con le altre associazioni europee e con FEMA, conseguendo una competenza unica nel suo genere. Competenza che ha permesso di essere i primi creare azioni per affrontare problemi come quello dei guardrail (nel 1995) o per i costi delle polizze assicurative.

L'associazione ha saputo avere la costanza di proseguire per oltre vent'anni, mentre altri gruppi o associazioni nascevano per svolgere attività simili, se non identiche, a quelle del Coordinamento, si sono spenti in capo ad un paio di anni.

Perché le azioni del Coordinamento potessero avere un esito concreto in tempi ragionevoli erano necessarie delle risorse che non sono mai state disponibili. Risorse che potevano (e dovevano) provenire primariamente dal supporto diretto dei motociclisti, in modo analogo a quello che avviene nelle altre nazioni. Solo che mentre i Motociclisti europei sanno concretizzare il concetto di "solidarietà motociclistica", per i motociclisti italiani è impossibile farlo.

Molti sono solidali con il nostro impegno, ma solo per dire "bravi, andate avanti così". Ma per avere risultati si devono impegnare molte risorse, in modo continuativo. Impossibile da fare solo con volontari, l'unico modo era di potere incaricare personale retribuito. A questo punto abbiamo proposto un progetto molto chiaro: per proseguire dobbiamo avere le risorse, e se i motociclisti vogliono qualcuno che li rappresenti, partecipino a loro volta al nostro progetto.

Abbiamo incentrato la comunicazione per questa campagna su Internet, per il semplice motivo che si poteva partecipare solo tramite un pagamento fatto con PayPal, tramite un apposito sito.

I motoveicoli immatricolati in Italia sono oltre 8 milioni, ma se togliamo tutte quelle categorie di utilizzatori che difficilmente sono interessati alle azioni svolte dal Coordinamento (quindi minorenni o pensionati con cinquantini, motociclisti con percorrenze inferiori ai 3.000 km/anno, scooteristi che fanno solo casa/lavoro in città, motociclisti da bar o "da sparo", quelli che vanno solo in pista, quelli che sono tutti fratelli ma solo con chi pare a loro, ecc...) il possibile "target" si riduce di molto.

Se qualcuno dei rimanenti fosse stato poi interessato, ma non usa abitualmente internet o non ha una carta di credito, non avrebbe comunque avuto modo di iscriversi.

Ne conseguiva che il migliore sistema per contattare il maggior numero dei possibili futuri iscritti era internet: sito web, forum o social network.

Nei vari gruppi di Facebook dedicati ai motociclisti si leggono molto spesso lamentele sulle situazioni che vivono i motociclisti. Contando i vari contatti, e tenendo anche conto che molti sono presenti su diversi gruppi, o forum si arriva ad almeno 60-80.000 persone, moltissimi dei quali estremamente critici verso le varie situazioni avverse ai motociclisti.

Il fatto che tra questi si sia riusciti a trovare solo un centinaio interessati a provare a sostenere l'unica associazione che li tutela, fa capire che ogni problema che hanno i motociclisti, esiste perché se lo meritano tutto.

A chi non condivide questa affermazione, a chi pensa che sia solo una mia interpretazione, a chi si sentisse offeso, voglio solo ricordare un aforisma di Martin Luher King:

"Può darsi non siate responsabili per la situazione in cui vi trovate, ma lo diventerete se non farete nulla per cambiarla."

Il fatto di non provare ad agire per fare cambiare le cose, pare quindi sia qualcosa di già visto, ma non credo sia un buon motivo per ritenerlo normale od accettabile. Soprattutto se poi ci si lamenta.

Noi abbiamo creato una struttura che poteva funzionare, ma evidentemente non eravamo abbastanza "divertenti" per i motociclisti italici. Ora, come detto all'inizio della campagna, le attività del CIM verranno totalmente riviste.

Ringrazio quei 96 che hanno voluto provare a creare qualcosa di nuovo (sono 97, ma uno sono io...), se non altro ora, a chi si lamenta, potrete dire "io ho provato a fare cambiare le cose, tu no, quindi non hai diritto di lamentarti".

Marco Polli
Presidente del Coordinamento Italiano Motociclisti

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